La prossima volta
Marco Caneva
1.
Si preannuncia una bella giornata. Sole caldo, nessuna nuvola, giusto qualche refolo di aria fresca, che non guasta.Oggi è domenica. Molte persone si staranno preparando per una gita. Qualche zaino, scarpe comode, e andranno alla scoperta di panorami e città.
Io no. Domenica ordinaria, quasi noiosa. Andrò a pranzo da mia madre, poi un sonnellino nel primo pomeriggio, e passerò il resto della giornata a preparare i bagagli.
Domani parto. Oggi per me è l’ultimo
giorno di questa vita. L’azienda dove lavoro mi trasferisce presso un'altra
sede, in un’altra regione.
No, non mi dispiace. Di questa
vita non mi è rimasto niente. Sono arrivato al capolinea.
Una ex moglie, che quando mi
chiama lo fa solo per ricordarmi qualche mancanza, uno o due amici rimasti tra
chi non si è sposato e ha messo su famiglia, qualche collega con cui giocavo a
calcetto il giovedì sera. Ho provato ad ampliare le mie conoscenze, con scarsi
risultati.
Sono una persona sola, un single,
come si dice adesso. All’inizio mi pesava, mi sento ancora giovane e pieno di
voglia di fare, ma le persone arrivano quando lo decide la vita. Anche quali
persone arrivano, lo decide la vita. Crescendo ho imparato a farmici
trasportare, a non sperare o desiderare niente di più. Avrei voluto una bella
famiglia, due o perché no tre figli, e passare la mia esistenza dedicandomi al
loro bene. Così non è andata, pazienza. È il mio destino, non posso che
andargli incontro, come sempre.
Aspetto. Che succeda qualcosa.
Finalmente è arrivato questo trasferimento. È la risposta a tutte le mie
domande. Sembra che debba ripartire da zero.
Per l’ultima volta però non ho
rinunciato al piacere di venire a fare colazione in questo bar, come ogni
giorno. Piccolino, due, tre tavoli, solo tre tipi di cornetti: vuoto, crema o
marmellata. Il cappuccino non è speciale.
Si trova nel paese confinante al
mio, non sotto casa. Perché vengo qui? Ogni tanto me lo chiedo ancora.
La risposta la conosco. La
risposta è nella bellissima commessa al banco. Eccola lì, la vedo da dietro le
vetrate. Mi accelera il battito del cuore.
Entriamo.
«Buongiorno! Ciao… Gabriella».
A volte mi trema la voce solo a guardare in quegli occhi blu.
«Ciao, buongiorno! Cosa le
preparo?»
«Il solito. Cappuccino bello
caldo e…»
«E cornetto alla marmellata, lo
so. Arrivano subito!»
Sorriso fantastico. Sì, questo
direttore single e annoiato ogni giorno si sveglia, si veste, si fa la barba e
si profuma, attraversa due paesi solo per venire a fare colazione qui. Venti
minuti di viaggio, cinque per fare colazione. Solo per lei. Solo per quel
sorriso.
Uno e settanta, credo. Formosa nei
punti giusti, capelli corvini, nerissimi, a caschetto, occhi azzurri. Tatuaggio
sul polso di un diavoletto, braccialetto alla caviglia, e il sorriso.
È bellissima. Io però non ci ho
mai provato. Giusto il nome, giusto un commento al tempo che fa oggi. Mi basta
ordinarle il mio cappuccino, e ammirarla, di nascosto, mentre serve gli altri
clienti.
Non voglio importunarla facendo il
brillante, tentando di esserle simpatico. Rovinerei tutto.
E se poi non ci sta? Magari è già
impegnata. Ma che magari, lo è di sicuro, mica vedo solo io, che è così bella.
Potrebbe restarci male, raffreddarsi nei mei confronti, pensare che sono uno
che ci prova con tutte.
Non mi farebbe più quel sorriso,
ma uno forzato, uno da “è arrivato quello che ci prova”.
No, fa nulla. Decide la vita.
Sarebbe potuto nascere qualcosa, se solo io… ma che dico, che stupido. Avrà certamente
un compagno più giovane di me, con un fisico da sportivo, con una bella moto.
Lasciamo perdere.
«Ecco il suo cappuccio! E il
cornetto alla marmellata»
«Grazie, Gabriella. Posso
sedermi?»
«Ma certo, si accomodi pure»
Non so perché glielo chiedo
sempre. Forse solo per farla sorridere di nuovo. Vado al mio tavolino, mi
siedo, due sguardi alle notizie del quotidiano, magari un messaggio di
whatsapp, e la osservo. Di nascosto, stando attento a non farmi scoprire. Osservo
la curva delle labbra, il seno orgoglioso, quel sedere che sfida la gravità, i
fianchi, le mani. Gli occhi no, ho paura che mi scopra e finisca questo
incantesimo.
Ascolto la sua voce, mentre parla
con gli altri clienti, e immagino di sentirla che mi chiede se ho programmi per
stasera. Dovrei domandarglielo io, ma non ho mai avuto il coraggio. Sono un
direttore, ho buona preparazione gestionale, ma in quanto a donne… l’unica che
mi ha voluto è stata la mia ex.
Ancora per oggi, per l’ultima volta,
sto qui a sognare di avere Gabriella tutta per me.
2.
«Come ha detto, il caffè? Lungo
o macchiato?»
«Macchiato, signorina, con un
po’ di latte freddo, non caldo»
«Va bene, arriva subito»
Che noia questi clienti del caffè
macchiato freddo, in tazza calda, un po’ lungo ma non troppo. Se lo facessero
loro, se sono così esigenti. Che ci vuoi fare, il cliente ha sempre ragione.
Ancora uno e chiedo alla signora Silvia se mi dà il cambio. Cinque minuti,
giusto una sigaretta.
«Ecco il suo caffè. Lo zucchero
lo trova lì, normale o di canna»
Sicuro uno così prenderà quello di
canna.
«Per me quello di canna,
grazie, il solito è raffinato con chissà cosa, lo sa, signorina?»
Alcuni entrano e sono già di
fretta, ordinano, pagano e bevono al volo. Mi mettono ansia. Altri, la maggior
parte, invece attaccano bottone ogni volta, mi chiedono se ieri sera ho fatto
tardi, dico di no, mi rispondono che peccato, io fingo di sorridere, loro
esibiscono il solito sguardo ammaliante che credono faccia colpo con tutte le
donne e ridono tra loro.
Più della metà dei clienti uomini
ci prova con me. Sposati, fidanzati, single, giovani, vecchi, ci provano con
me, sempre. Come se ogni mattina avessi voglia di star qui a sentire le loro
cazzate.
Lo so che sono bella, me lo dicono
pure le mie amiche, ogni tanto con una punta d’invidia. Molto bella, pare, ma
io non mi ci sento.
Avevo un ragazzo, giocava a calcio
in serie C. Un bravo ragazzo, bel fisico, ma pensava più a sé stesso e alla sua
carriera. Quando andò a giocare a Carpi, il giorno del mio compleanno, e si
dimenticò di farmi almeno gli auguri, capii che per lui ero solo un trofeo da
mostrare agli amici, e lo lasciai.
Ora sono sola, ma non mi lamento.
Ho una bella famiglia, tante amiche, un bel cocker peloso da coccolare e
portare a spasso. L’uomo giusto arriverà.
L’unico diverso è quel cliente lì,
al tavolino piccolo. Arriva tutti i giorni alla stessa ora. Un po’ più vecchio
di me, ma neanche tanto. Vestiti puliti e semplici, barba fatta, aspetto da
dottore o professore. Magari è un indaffarato direttore di qualche azienda che
si concede almeno una colazione con calma. Non viene con la moglie o la
compagna, non ha la fede, sembra un tipo tranquillo. Ed è l’unico che non ci
prova con me, mai. Non fa battute, non esibisce sguardi da pistolero del west,
sa forse solo come mi chiamo.
Un po’ lo ammiro. Si distingue
dagli altri. Sembra così a modo. Pacato, paziente, mi chiede sempre il
cappuccino, normale, e la solita brioche alla marmellata.
Mi piacerebbe, per una volta, che
ad attaccare bottone fossi io. Sarebbe una parte nuova per me. Alla fine vai a
scoprire che sono proprio le persone che parlano meno, ad essere quelle che
hanno più da dire.
Gli chiederei cosa fa di lavoro,
se gli piace fare sport e ama gli animali. Se mi innamorassi di uno così sono
sicura sarei a posto tutta la vita. Non mi farebbe mancare niente, mi
tratterebbe sempre come una regina. Forse le ragazze che deve aver avuto non
erano un granchè, qualcuna se la sarà passata pure lui, che diamine, anche se è
un timidone.
Le cose saranno andate male e
magari è rimasto single. Forse è gay, ma non mi sembra. Ogni tanto lo becco che
mi guarda. A volte sento i suoi occhi addosso. Ma non è una sensazione
spiacevole. Io so che lui mi guarda come guarderebbe un bel tramonto, una bella
macchina, un’opera d’arte. Guarda per ammirare. Non per avere. Di sicuro è un
gentiluomo.
Si è alzato. Forse ha visto che lo
fissavo. Arriva.
«Le lascio qui la tazza,
signorina. Cappuccino buono come solito. Grazie»
«Mi fa piacere, la vedo qui
spesso, mi basta questo come complimento»
«Eh già… da domani però…»
«Da domani cosa? Dica pure»
«No, niente. Buona giornata,
ricorderò lei e il suo cappuccino con piacere. Arrivederci»
Cosa avrà voluto dire? Chissà… è sembrato
quasi avesse voluto salutarmi per l’ultima volta. Potrei fermarlo e chiedergli
almeno come si chiama, come mai questo saluto particolare. Adesso faccio pausa,
potrei fumare la sigaretta con lui, magari fuma. Potrei chiedergli con una
battuta se ha una compagna, una cosa tipo “sicuro avrà una compagna a casa che
lo aspetta!”. Potrei cercare di conoscerlo. Sono sicura sarebbe una bella
sorpresa, questo uomo riservato, l’unico che non ci prova con la bella commessa
del bar.
Ha girato l’angolo. Potrei
rincorrerlo con una scusa…
Ma no… oggi no.
La prossima volta.
Giugno 2020
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